Introduzione
I bioreattori a membrana (MBR), derivanti dalla combinazione dei processi di degradazione biologica a fanghi attivi e di filtrazione a membrana, trovano oggi sempre più maggiore applicazione per il trattamento di reflui civili e industriali grazie all‘elevata qualità degli effluenti trattati, che rispettano i limiti imposti dalle normative vigenti per lo scarico nei corsi idrici ricettori e il riutilizzo delle acque per scopi industriali o agricoli. Altro vantaggio di questa innovativa tecnica è rappresentato dal contenuto ingombro planimetrico rispetto ai processi convenzionali a fanghi attivi.
I bioreattori a membrana si sono anche dimostrati capaci di riuscire a trattare con successo i contaminanti emergenti (farmaci, pesticidi, droghe, microplastiche) che sempre con maggiore frequenza si riscontrano nelle acque reflue.
La progettazione di impianti a scala reale resta ancora piuttosto empirica a causa delle complesse interazioni che avvengono tra la biomassa e le membrane filtranti: ciò si traduce in maggiori costi d'investimento ed operativi, rispetto agli impianti convenzionali a fanghi attivi, principalmente correlati al contenimento del fouling delle membrane. L‘attenzione del mondo scientifico è oggi pertanto volta prevalentemente alla caratterizzazione del fouling e alla definizione di strategie operative che siano in grado di minimizzarne la formazione nel tempo.
Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha proposto nuove soluzioni, come l’applicazione di processi elettrochimici, che ha dimostrato ottime capacità nella mitigazione del fouling e nell’incremento delle efficienze di depurazione. Altra soluzione proposta, soprattutto per i paesi in via di sviluppo, è rappresenta dall’utilizzo di membrane innovative a basso costo ottenute anche con materiale di scarto.
Tuttavia, ad oggi nessun studio riporta la combinazione di queste due innovative tecniche di depurazione.