La matrice acquosa deve essere successivamente filtrata. Questa azione può essere effettuata utilizzando una batteria di setacci, in maniera tale da distribuire, su base dimensionale, il carico organico e il materiale più grossolano sulla superficie delle griglie dei setacci, evitandone un rapido intasamento. Le maglie dei setacci più utilizzate in questa fase di filtrazione hanno una dimensione compresa tra 10 e 500 μm\cite{Lares_2018}\cite{Sun_2019}.   La corretta analisi strumentale delle microplastiche non può prescindere da un’appropriata procedura preliminare che ne consenta la separazione dalla matrice campionata, in quanto le dimensioni micrometriche delle particelle ne complicano notevolmente l’identificazione nei vari campioni, richiedendo un approccio analitico più sofisticato rispetto all’analisi delle macroplastiche\cite{Klein_2017} . Occorre premettere che, fino ad oggi, non esiste un metodo univoco e standardizzato, ma sono disponibili diverse tecniche per il trattamento preliminare del campione. La fase che accomuna tutti i trattamenti preliminari di campioni (acqua e sedimenti) ,prelevati in ecosistemi naturali, è la separazione delle microplastiche dal resto del materiale prelevato. Infatti, la matrice ambientale può contenere una gran quantità di materiale (es. scaglie di legno, foglie, pietruzze, argille, sabbie, limo, piccoli organismi, macroplastiche) che può interferire notevolmente con l’identificazione delle microplastiche.   Ciò rende assolutamente necessaria l’applicazione di metodi specifici per la separazione delle microplastiche dal resto del campione per rendere più semplice, veloce e precisa la successiva fase di riconoscimento strumentale .  La tecnica più comunemente impiegata per separare le microplastiche dalla matrice campionata, è basata sulla separazione per densità mediante una soluzione ipersalina, che consente alle microplastiche di rimanere in superficie, mentre il resto del materiale tende a precipitare sul fondo. Nella maggior parte degli studi su campioni acquosi viene utilizzata una soluzione ipersalina di NaCl,\cite{Thompson_2004} , ma esistono applicazioni su campioni di sedimento in cui sono stati impiegati anche ioduro di sodio, cloruro di zinco e tungstato di sodio\cite{Vianello_2013}\cite{Nuelle_2014}, che permettono di ottenere soluzioni a densità superiore. Infatti, la maggior limitazione nell’impiego della soluzione ipersatura di NaCl è rappresentata dal fatto che la densità massima raggiungibile non consente un’efficace separazione dei polimeri a maggiore densità, quali il cloruro di polivinile (PVC), il polietilene tereftalato (PET). In questi casi, si dovrebbero quindi utilizzare altre soluzioni ipersature, quali quelle di tungstato di sodio, ioduro di sodio e cloruro di zinco. L’impiego di questo tipo di soluzioni è, però, limitato sia dai maggiori costi sia da problemi legati al loro corretto smaltimento. 
Nella letteratura scientifica sono descritti diversi metodi per lo studio della composizione delle microplastiche, includendo metodi termo-analitici, spettroscopia Raman, spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FT-IR) o, più in generale, tecniche di spettroscopia vibrazionale e cromatografia liquida\cite{Hidalgo_Ruz_2012}\cite{Li_2018}\cite{Prata_2019}. Parallelamente alle tecniche analitiche più avanzate, l’ispezione visiva del campione al microscopio ottico è una pratica largamente utilizzata per una rapida analisi quantitativa e un conteggio preliminare delle microplastiche presenti in un campione. È, tuttavia, chiaro come una successiva analisi sia necessaria per una corretta e completa identificazione delle microplastiche . Protocolli di colorazione attraverso, ad esempio, il colorante Nile Red possono essere applicati per aumentare l’accuratezza dell’ispezione visiva\cite{Erni_Cassola_2017} , anche se tale tecnica non è esente da errori di riconoscimento  poichè diversi polimeri, come policarbonato, poliuretano, polietilentereftalato e polivinilcloruro, danno segnali colorimetrici molto bassi\cite{Erni_Cassola_2017} , così come anche le fibre sintetiche\cite{Tamminga_2017} , tuttavia, l’utilizzo di tali protocolli di colorazione può fornire un semplice e veloce metodo di preselezione dei campioni, da inviare successivamente alle tecniche analitiche più avanzate per la caratterizzazione chimica finale.